La Società formativa alle soglie del Terzo Millennio. La pedagogia come formazione prima

(Quest’ultima parte della biografia di Umberto Margiotta è stata redatta trascrivendo quasi completamente  la sua Lectio Magistralis , tenuta a Venezia, il 5 settembre 2017 : le argomentazioni addotte a sostegno della sua tesi sulla  formazione come nucleo centrale della pedagogia e le indicazioni di lavoro che offre per raggiungere l’obiettivo, ci sono sembrate non solo una testimonianza di vita professionale , ma  soprattutto una eredità di impegno e di riflessione per tutti noi. ) La vasta esperienza riformatrice in campo socio-educativo esperita e accumulata negli anni’90 (l’iniziativa europea per l’educazione, la riforma dei curricoli,  i processi  di autonomia scolastica, la formazione degli insegnanti,  le competenze chiave e il  lifelong learning……..) aveva lasciato sul tavolo    ancora irrisolte due problematiche:
  • le learning strategies e le domande susseguenti: quali strategie metacognitive e quali apprendimenti autonomi sono utili per apprendere le abilità complesse necessarie ad  un ambiente lavorativo e sociale,   oltremodo  impegnato  dal punto di vista della produttività ?
  • l’Academic perseverance, ovvero la dimensione della   perseveranza nello studio (falla riscontrabile molto spesso nei risultati di apprendimento), il cui obiettivo lungimirante ha lo scopo di mettere in grado tutti, studenti e lavoratori, di mantenere il focus di fronte alle sfide, la tenacia nel perseguire obiettivi e risultati, l’accettazione di gratificazioni dilazionate nel tempo, l’autodisciplina e l’autocontrollo.
Erano e sono aspetti cruciali che  Umberto Margiotta, all’interno del rapporto tra formazione  e mercato del lavoro,      riconduce  all’adozione, negli anni 2000, da parte degli organismi istituzionali e socio sindacali nazionali e internazionali al problema deputati,  dello strumento della  flexicurity , “ paradigma teorico dell’economia “post fordista”, secondo il quale  da un lato l’economia “chiede” alla società un comportamento attivo e flessibile,   “adeguazionista” rispetto alle mutevoli esigenze del sistema produttivo; dall’altro, è proposto in contropartita ad un nuovo concetto di sicurezza sociale, basato sulla garanzia di disporre individualmente dei titoli di accesso e delle   risorse,  necessari per sostenere/anticipare i cambiamenti richiesti lungo il corso dell’intera vita attiva. E’ una spinta per chiunque aspiri ad un futuro di successo, all’essere imprenditore di se stesso, mettendo a frutto il proprio “capitale individuale di sapere” ed impegnandosi nella sua continua manutenzione, in ragione delle richieste emergenti dell’economia…; le categorie della “occupabilità” e della “adattabilità” pervadono tutti i sistemi interessati a guidare il comportamento del soggetto verso il mercato del lavoro” (da: Capitale formativo e welfare delle persone. Verso un nuovo contratto sociale, in METIS, 06-2012).  La flexicurity diventa perciò   un paradigma caro a giovani e famiglie :  formazione vuol dire munire e munirsi di una proposta /offerta  di garanzia per l’occupabilità.  Conseguentemente, l’emergenza del concetto di “diritto ad apprendere lungo il corso della vita” (lifelong learning)  diviene l’elemento centrale del ponte fra economia e società e  sposta dunque il welfare attivo dal riferimento del “workfare”   a quello del “learnfare”, cioè della garanzia di effettivo accesso di tutti gli individui – nei tempi e nei modi coerenti con i loro bisogni e caratteristiche – ad opportunità di apprendimento coerenti con le esigenze dell’economia ed i progetti personali di vita, dagli esiti dotati di un effettivo valore di scambio.  Il welfare del futuro è quello della formazione, delle competenze, dello sviluppo del capitale umano, delle eque opportunità, ma, per dirla con Amartya SEN, è soprattutto il welfare delle capacitazioni che può mettere  il soggetto nelle condizioni di esigere l’agibilità dei propri diritti sociali.  Il diritto di apprendere è uno di questi. In tal modo il lavoratore competente, da human capital, ossia risorsa su cui le organizzazioni investono in prospettiva esclusivamente economica e produttiva, diventa un soggetto-persona su cui investire anche in prospettiva umana, e dunque in direzione delle human capability . Sulla scorta degli studi del premio Nobel per l’economia  Amartya Sen  e dell’americana Martha Nussbaum (Chicago University ), Umberto Margiotta modifica, approfondisce, qualifica questa prospettiva sposando la teoria della formazione come sviluppo umano, come sviluppo dell’uomo. ”La formazione   non è un salvagente, non garantisce cittadinanza nella discontinuità lavorativa, perché lavoro e formazione non sono interscambiabili…Occorre pensare la formazione come capace non solo di rendere idonei i giovani a cercare lavoro, ma capaci di creare nuovo lavoro per sé e per gli altri …. Si va oltre le competenze. La competenza è un epifenomeno, oggetto combinatorio di conoscenze, abilità, atteggiamenti…… ma quando cominci a vedere il percorso della pedagogia (primo attore della formazione) come scienza della vita e percorso di vita, è necessario andare oltre le competenze, oltre la nozione di capitale umano, assumendo la prospettiva di un welfare della capacitazione, cioè della possibilità individuale e collettiva di agire il diritto ad apprendere” (cfr.  M. Baldacci, F. Frabboni e U. Margiotta, Longlife/longwide learning. Per un Trattato europeo della formazione, Milano, Bruno Mondadori, 2012, nella cui Introduzione   si disegna un’ampia cornice politico-culturale di riferimento per la problematica della formazione vista su scala europea e rispetto alle attuali dinamiche socioeconomiche e culturali). Il concetto di learnfare che si profila è allora basato sul potenziamento dell’agency dei cittadini, che può metterli nelle condizioni di sviluppare   le capacitazioni utili a scegliere e realizzare liberamente il proprio progetto umano e sociale di vita. Il learnfare segna però una discontinuità storica. Richiede la copertura collettiva del diritto individuale ad accedere all’apprendimento lungo il corso della vita, in un contesto di cambiamento continuo. Il processo formativo non ha un bersaglio pianificato fin dall’inizio, con saperi e uscite e contabilità dei saperi acquisiti, (Bauman) :  occorre piuttosto rivedere le relazioni tra organizzazione pedagogica e organizzazione del lavoro.    Si va verso un nuovo contratto sociale, stipulato tra individui consapevoli del valore rappresentato dal capitale formativo posseduto e reinvestito, un contratto che assicuri regole certe e trasparenti per riconoscere, validare, certificare le competenze esercitate e sviluppate. La ricchezza di prospettive sopra illustrate apre verso l’approfondimento delle tematiche classiche sia della epistemologia che della filosofia che della pedagogia. Facendo riferimento a filosofi ed epistemologi e pedagogisti , quali Pareyson, Apel, Morin, Lakatos, Pinto Minerva, Baldacci , Umberto Margiotta riconsidera i nuovi spazi con cui fare i conti dei rapporti tra educazione, istruzione e formazione. “Il focus della pedagogia è verso l’anthropos colto nella sua formazione plurale e incarnata in quanto uomo. La ricerca pedagogica postula custodisce declina questo principio. Il suo modello attuale è il soggetto nell’esistenza che si fa persona, in quanto segnato da un farsi nella libertà e che della libertà trattiene il carattere genetico. Il suo farsi nella libertà è vivere e stare in essa, per decostruirla e rigenerarla. L’uomo è libertà nel conflitto, nella contraddizione, nell’aporia e la sua libertà oggi nasce da questo scenario inquieto e problematico. La pedagogia non può non pensare, difendere, dipanare questa problematicità aperta dell’anthropos contemporaneo” (U. Margiotta, Lectio magistralis – I nuovi paradigmi della ricerca educativa, 5 settembre 2017, Venezia) “Se nuovo è lo scenario e nuovo è il compito della pedagogia, nuova non può che essere la sua posizione come scienza. …In questa prospettiva di ritematizzazione pedagogica si prospetta la necessità di un nuovo paradigma, ipoteticamente ritenuto capace di consentire e sorreggere una formulazione del discorso pedagogico in grado di coniugare progettualmente  le sue dimensioni, endogena ed esogena,  e di valorizzare nella nuova direzione il suo intero patrimonio paradigmatico e concettuale.  Tale nuovo paradigma è quello della formatività, attraverso il quale vanno rivisitati e riordinati i paradigmi dell’educabilità e dell’intersoggettività. Alla formatività si attribuisce una sorta di posizione assiale rispetto al quale sono ricalibrati i cardini dell’educabilità (educazione) e dell’intersoggettività (individualizzazione e personalizzazione nella formazione): essi vengono a costituire il nucleo geneticamente fondativo per l’elaborazione di una nuova teoria della formazione, da cui muovere per l’attivazione del nuovo organon delle scienze della formazione, capace di ricomprendere sia le scienze dell’educazione sia le teorie dell’istruzione, sia la ricerca educativa che quella formativa, sia la didattica sia la pedagogia dell’inclusione. Tutto ciò significa partire dal presupposto di utilizzare una trasversalità epistemologica per pensare una pedagogia delle interpenetrazioni tra variabili cognitive, relazionali, affettivo-emotive, corporee, esistenziali; cogliere la concreta situazione educativa non solo sul piano delle dimensioni progettuali, operative e materiali, che la costituiscono ma anche nella struttura nascosta delle sue componenti inconsapevoli e simboliche: riflettere su tutto questo vuol dire saper segmentare il corpo dell’osservabile formativo ed educativo in tutte le sue componenti più strutturali, sia sul piano dell’ elaborazione pedagogica sia sul piano della predisposizione e messa a punto di strategie e di politiche che ne tengano conto. Solo così è possibile riaprire un nuovo dialogo tra educazione e formazione, per trovare nuovi processi di cogenerazione del valore” (ibidem).  Cfr. anche   U. Margiotta (a cura di), Pensare la formazione. Strutture esplicative, trame concettuali, modelli di organizzazione, Milano, Bruno Mondadori, 2006, in cui si poneva l’esigenza di ripensare la categoria della formazione e si tracciavano le linee di un programma di ricerca indirizzato in questa direzione.In che modo allora le scienze della formazione rendono conto del loro valore in quanto pratiche umane di generazione del valore nel soggetto e nella società? L’assunto è che le scienze della formazione comprendono le scienze dell’educazione e le teorie dell’istruzione. Non si dà più il caso di separazione tra    scienze dell’educazione e scienze della formazione. “Il progetto PRIN è stata l’occasione, a questo punto, per “riordinare” la casa pedagogica. La pedagogia di oggi si pone in condizione di analizzare, spiegare il mondo della Istruzione /Educazione /Formazione, per come si sta evolvendo. È stato adottato lo strumento delle ontologie regionali, non metafisiche, mettendo insieme le due anime, teoretico/normativa, e critico interpretativa o pratico progettuale, a partire da tre funzioni, linguistica, euristica, epistemologica, attraverso la validazione e il consenso non sull’uso di certe parole ma sull’analisi semantica, sul valore d’uso degli sviluppi concettuali dei vari   modelli di indagine o dei risultati dell’indagine. Le Ontologie ci hanno concesso di passare ad una nuova rappresentazione della conoscenza pedagogica, dalle mappe mentali gerarchiche porfiriane alle mappe relazionali del lulliano albero della scienza. Oltre l’Enciclopedie, per ricollocare la pedagogia nel labirinto polidimensionale del labirinto della conoscenza e per comprendere le plurivoche significazioni dell’educare, dell’istruire, del formare.  Abbiamo dimostrato come rendere combinabili le tre categorie.  L’ontologia, che è un grafo (U. MargiottaIl grafo della formazione. L’albero generativo della conoscenza pedagogica, Lecce, Pensa Multimedia, 2014, il cui  terzo volume è relativo agli esiti della ricerca Prin sull’ontologia pedagogica della formazione   e nel quale il dominio scientifico della formazione viene articolato in cinque dimensioni (epistemologica, metodologica, ontologica, fenomenologica e assiologica), per ciascuna delle quali viene delineata una struttura concettuale di riferimento (rappresentata con un grafo gerarchico), che nel loro insieme disegnano l’ontologia regionale della formazione ) , è resa possibile  attraverso  la declinazione della formatività dei diversi lemmi: ogni lemma  contiene la definizione, le evidenze, il richiamo alla letteratura, l’aggiornamento continuo…. L’ontologia pedagogica viene messa a disposizione della comunità scientifica che la aggiorna, la perfeziona, la usa, la modifica. È uno strumento generativo. La semantica disciplinare e concettuale diventa il modo attraverso cui i metodi, i modelli, i principi, le conoscenze, si aggiornano e si riposizionano: è lo strumento generativo di una nuova conoscenza.  Infine, la pedagogia si muove secondo una visione pedagogica di rete, una rete di basi di conoscenze e di modelli, perché  la rete è un modello ermeneutico ( per interpretare concetti e relazioni espressi in link ipertestuali entro un sistema documentale potenziato dal semantic web);è uno strumento logico, (descrive l’organizzazione cognitiva condivisa dalla comunità scientifica) ;è un messaggio pedagogico, poiché permette alla comunità di partecipare alla ridefinizione del sapere disciplinare , come si è già espresso  L. Galliani.   È un percorso ricorsivo attraverso cui il dubbio metodico continuamente ritorna per consentire un affinamento delle conoscenze e dei guadagni epistemici che un nuovo modo di interpretare gli oggetti della conoscenza pedagogica ci obbliga ad assumere. Le coordinate del sistema della nuova ricerca   pedagogica hanno grandi riflessi sulla ricerca dominio specifica di qualsiasi ricercatore, perché puo’ comunicarli, discutere, modificare, trasformare.  E’ qui che si determina la generatività, aperta alla semantizzazione della realtà, alla sua interpretazione e assiomatizzazione e che ha bisogno di costrutti rigorosi che passano da una rappresentazione della conoscenza pedagogica , così fatta : da asserti riferibili al pensiero dichiarativo verso il   pensiero procedurale e  infine al pensiero  enattivo. Il che si traduce in: la conoscenza pedagogica consiste in una serie di basi di conoscenze allargate, articolabili secondo le categorie in modelli, operatori trasformazionali, conoscenze”.